Percorsi formativi per i beneficiari di ISCRO: competenza a regioni e province autonome

 


Alla fruizione dell’indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa (ISCRO) sono associati percorsi formativi che hanno lo scopo di fornire ai beneficiari l’aggiornamento professionale utili al reinserimento nel mercato di riferimento. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha stabilito che la competenza per la definizione dei percorsi di aggiornamento spetta alle regioni e province autonome (Decreto 24 marzo 2022).

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha stabilito che i percorsi di aggiornamento professionale previsti per i beneficiari dell’indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa (ISCRO) devono rispondere ai seguenti criteri:
a) mantenimento e aggiornamento delle conoscenze, abilità e competenze possedute dal beneficiario ai fini dell’adeguamento ai mutamenti della domanda del settore di mercato di riferimento;
b) acquisizione di un livello di conoscenze, abilità e competenze incrementali rispetto a quelle inizialmente possedute, spendibili nel contesto lavorativo di riferimento e in coerenza con il fabbisogno formativo del lavoratore.
La competenza per la definizione dei percorsi di aggiornamento professionale è demandata alle regioni e alle province autonome, nell’ambito della propria offerta formativa.
Regioni e province autonome definiscono i percorsi formativi anche mediante accordi con le associazioni professionali, individuando i requisiti per la validità dei percorsi ai fini dell’assolvimento dell’impegno formativo, della spendibilità degli apprendimenti acquisiti nel rispetto della normativa vigente inerente al Sistema nazionale di certificazione delle competenze.
A tal fine, le regioni e le province autonome rendono consultabili sui propri portali istituzionali e per settore economico professionale, i percorsi di aggiornamento professionale effettivamente disponibili, mettendo a disposizione un’area dedicata per consultare il catalogo e iscriversi alle iniziative di interesse.
La domanda di ISCRO, presentata all’INPS equivale a dichiarazione di immediata disponibilità ed è trasmessa all’ANPAL ai fini dell’inserimento nel sistema informativo unitario delle politiche del lavoro.
Ai fini della stipula del patto di servizio personalizzato, i beneficiari dell’ISCRO devono contattare i centri per l’impiego entro 30 giorni dalla data di presentazione della domanda, secondo le modalità definite dalle regioni e province autonome; in mancanza, sono convocati dal centro per l’impiego entro 90 giorni dalla data di presentazione della domanda.
I dati relativi all’esperienza formativa sono registrati nel fascicolo elettronico del lavoratore.

 

Regime forfetario: attività svolta precedentemente in un Paese Estero

 


Per poter applicare l’aliquota ridotta al reddito imponibile occorre il requisito di “novità”, requisito che risulta essere escluso qualora il professionista intenda proseguire la medesima attività svolta nel Paese Estero e rivolgerla agli stessi clienti. (Agenzia delle entrate – Risposta 20 aprile 2022, n. 197)

Nella fattispecie esaminata dal Fisco l’istante chiede chiarimenti in merito alla possibilità di optare per il regime forfetario (art. 1, co. da 54 a 89, legge n. 190 del 2014). Riferisce, in particolare, di essere residente da più di tre anni nel Paese Estero, dove svolge attività professionale mediante utilizzo di partita iva estera, e di voler trasferire la propria residenza in Italia, per ivi continuare l’esercizio della precedente attività a servizio dei medesimi clienti esteri (con contestuale chiusura della posizione Iva all’estero), optando per il regime forfetario.
Al riguardo, rappresenta il dubbio circa la possibilità di fruire o meno dell’aliquota ridotta (5 per cento) prevista per le nuove attività produttive, evidenziando che la normativa di riferimento non fornisce indicazioni univoche sul punto.
L’istante, pur sottolineando che l’attività che lo stesso intende svolgere in Italia sarà la medesima attività svolta nel Paese Estero e sarà rivolta agli stessi clienti, ritiene che ciò non pregiudicherà la sussistenza dei requisiti per fruire dell’aliquota ridotta al 5 per cento, prevista dal comma 65 dell’articolo 1 della legge n. 190 del 2014.
Tale disposizione, infatti, farebbe implicito riferimento al requisito di novità riferendosi a precedenti attività svolte con una partita iva italiana, ipotesi nella quale non rientra l’istante, che quindi dovrebbe poter aprire la partita iva in Italia nel 2022 ed applicare il regime forfetario con aliquota ridotta al 5 per cento sino al quinto anno di attività (2026).
Secondo l’Amministrazione finanziaria, seppur possa fruire del regime forfetario (sussistendone tutti gli altri requisiti), l’istante dovrà determinare il reddito imponibile ai sensi del comma 64 dell’articolo 1 della legge n. 190 del 2014, senza poter applicare l’aliquota ridotta di cui al successivo comma 65, in quanto il predetto requisito di “novità” risulta essere escluso per espressa dichiarazione dell’istante, il quale afferma che intende proseguire la « medesima attività svolta nel Paese Estero» e che la stessa «sarà rivolta agli stessi clienti».

 

Rinuncia al TFM: la tassazione è legittima

 

 



Il trattamento di fine mandato rinunciato dal socio amministratore è soggetto a tassazione in quanto da un lato costituisce un incasso in senso giuridico e dall’altro arricchisce il socio stesso sotto forma di aumento del valore della partecipazione sociale (Corte di Cassazione – ordinanza 14 aprile 2022, n. 12223).

Secondo i giudici della Corte, in tema di determinazione del reddito d’impresa, l’art. 88 del Tuir che esclude debbano considerarsi sopravvenienze attive le rinunce ai crediti operate dai soci nei confronti della società, non vale ad alterare il regime fiscale del credito che costituisce oggetto di rinuncia, per cui, ove si tratti di crediti da lavoro autonomo del socio nei confronti della società, i quali, sebbene materialmente non incassati, siano, mediante la rinuncia, comunque conseguiti ed utilizzati, sussiste l’obbligo di sottoporne a tassazione il relativo ammontare, con applicazione, ai sensi dell’art. 25, D.P.R. n. 600/1973 della ritenuta fiscale cui la società è tenuta quale sostituto d’imposta. La rinuncia al credito da parte del socio costituisce una prestazione che viene ad aumentare il patrimonio della società e può comportare anche l’aumento del valore delle sue quote sociali. In tale contesto, la rinuncia del credito da parte di un socio è espressione della volontà di patrimonializzare la società e pertanto non può essere equiparato alla remissione di un debito da parte di un soggetto estraneo alla compagine sociale. La rinuncia quindi presuppone, in tali casi, il conseguimento del credito il cui importo, anche se non materialmente incassato, viene, comunque, utilizzato.


La Corte, pronunciandosi su controversie analoghe, ha affermato con riferimento alla rinuncia ai compensi per royalties da parte del socio di maggioranza, che la stessa ne presuppone logicamente il conseguimento con ineludibile soggezione al proprio regime fiscale. Ciò in quanto tale rinuncia costituisce una prestazione che viene ad aumentare il patrimonio della società e può comportare anche l’aumento del valore delle sue quote sociali. Ne deriva che la rinuncia presuppone, in tali casi, il conseguimento del credito il cui importo, anche se non materialmente incassato, viene, comunque, utilizzato. Pertanto ne consegue la tassabilità in capo al socio rinunciatario del credito, anche se non materialmente incassato ma conseguito ed utilizzato, tramite la rinuncia, in favore della società e, quindi, la obbligatorietà in capo a quest’ultima di operare la ritenuta.


Nello stesso senso, con riferimento alle rinuncia effettuata dal socio amministratore al trattamento di fine mandato, la Corte ha riconosciuto la valenza della teoria dell’incasso giuridico sostenuta dall’Amministrazione finanziaria.


 

FEDERALBERGHI e FAITA FEDERCAMPING: Protocollo di collaborazione

 

Firmato il 15/2/2022, tra FEDERALBERGHI e FAITA FEDERCAMPING, un protocollo di collaborazione per migliorare i servizi che le due organizzazioni forniscono alle associazioni territoriali, alle imprese e agli imprenditori del settore turistico ricettivo

Finalità
FEDERALBERGHI e FAITA-FEDERCAMPING, ciascuna nell’ambito delle proprie competenze e responsabilità e ferma restando la piena autonomia e indipendenza di ciascuna organizzazione, con il presente Protocollo d’intesa intendono promuovere la collaborazione, il raccordo e il confronto costanti al fine di realizzare sinergie volte a migliorare la qualità, l’efficacia e l’efficienza di ogni servizio di informazione, formazione, assistenza e consulenza che le due organizzazioni forniscono alle associazioni territoriali, alle imprese e agli imprenditori del settore turistico ricettivo.


Progetti speciali
Nel primo quadriennio di attuazione del presente Protocollo, FEDERALBERGHI e FAITA-FEDERCAMPING promuoveranno tre progetti speciali aventi ad oggetto i seguenti contenuti:


a) incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro, anche in raccordo con il sistema dell’istruzione e formazione tecnica e professionale, con le università e con la rete degli enti bilaterali del settore turismo;


b) formazione continua dei lavoratori e degli imprenditori, anche mediante la realizzazione di materiali didattici e la promozione dell’accesso agli strumenti di finanziamento;


c) diffusione di buone prassi realizzate da imprese turistico-ricettive, con particolare riferimento alle soluzioni concernenti l’accessibilità, la sostenibilità e la digitalizzazione.


Le modalità di realizzazione di tali progetti potranno comportare delle sperimentazioni in territori da individuare congiuntamente, tenendo conto anche dei costi e dei tempi di sviluppo e delle forme di cooperazione già esistenti a livello territoriale.


Decorrenza
Il presente protocollo d’intesa decorre dalla data della sua sottoscrizione e ha durata a tempo indeterminato.
Potrà essere disdettato in qualunque momento, con un preavviso di dodici mesi, da inviare con posta elettronica certificata.
La disdetta del protocollo non modifica i termini concordati dalle parti per la realizzazione di attività o iniziative individuate dal protocollo stesso.

 

Scarto sul grado di invalidità: esclusa la lite temeraria

 


Scarto sul grado di invalidità: esclusa la lite temeraria



Per la Corte di Cassazione nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali lo scarto esistente tra la percentuale invalidante riscontrata in sede di accertamento tecnico preventivo e quella occorrente per ottenere la prestazione richiesta non è sufficiente a configurare la domanda come lite temeraria e non giustifica, pertanto, la condanna del richiedente non abbiente al risarcimento del danno nei confronti dell’Inps (Corte di Cassazione, Sentenza 19 aprile 2022, n. 12455).


Il Tribunale locale, decidendo in sede di opposizione ad accertamento tecnico preventivo, ha rigettato la domanda della ricorrente volta al riconoscimento del requisito sanitario utile ai fini dell’assegno mensile di assistenza e, pur riconoscendo che la ricorrente doveva essere tenuta esente dalla rifusione delle spese di lite, in quanto titolare di reddito utile ai fini dell’ammissione al gratuito patrocinio, l’ha condannata per responsabilità aggravata a rifondere all’INPS la somma di € 1.800,00.
Il Tribunale, in particolare, ha ritenuto che, a causa dello scarto esistente tra la percentuale invalidante riscontrata in sede di accertamento tecnico preventivo e quella occorrente per ottenere la prestazione richiesta, la domanda giudiziale dovesse reputarsi meramente speculativa e dannosa per il buon funzionamento del sistema processuale.
Avverso tale decisione la ricorrente ha proposto ricorso per cassazione, sul presupposto che in tema di controversie previdenziali e assistenziali sia necessaria, ai fini della condanna per responsabilità aggravata, un’ esplicita istanza di parte, che nel caso di specie era affatto mancata, nonché un espresso addebito di grave negligenza, che non potrebbe ricondursi alla finalità erroneamente ritenuta speculativa con cui ella aveva coltivato la domanda giudiziale volta ad accertare una condizione di invalidità di cui era stata peraltro portatrice negli anni precedenti.


La Suprema Corte ha accolto il ricorso, evidenziando, in particolare, che nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali la parte soccombente non può essere condannata al pagamento delle spese, competenze e onorari quando risulti titolare, nell’anno precedente a quello della pronuncia, di un reddito imponibile, pari o inferiore al doppio dell’importo del reddito stabilito ai fini dell’ammissione al gratuito patrocinio.
Da tanto deriva che la parte non abbiente, come nel caso di specie, è sanzionabile in caso di soccombenza solo in caso di responsabilità aggravata ossia se ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, a condizione che vi sia istanza dell’altra parte, specificamente volta, al risarcimento dei danni.
Deve, invece, escludersi che la stessa parte soccombente non abbiente possa essere condannata d’ufficio dal giudice al pagamento, a favore della controparte, di una somma determinata secondo equità.
Pertanto, tenuto conto che la sentenza impugnata nel caso in questione ha ritenuto di poter condannare la ricorrente per responsabilità aggravata e che non vi è stato nella specie né alcuna domanda dell’INPS finalizzata alla condanna né alcun accertamento dei requisiti necessari a configurare la lite temeraria, da tanto discende l’accoglimento del ricorso.